Le salite piu belle d'Italia by Cassani Davide

Le salite piu belle d'Italia by Cassani Davide

autore:Cassani, Davide [Cassani, Davide]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Altitudine: 2236 m

Regione: Veneto, provincia di Belluno

Vie di accesso: Colle Santa Lucia, Cortina

Il ricordo

Quando ho deciso il Tour de France

In molti, non solo tra i professionisti, conoscono il maestoso Passo Giau (2236 metri, 10 chilometri di salita con una pendenza media del 10%), e tutti lo temono e lo rispettano: siamo nelle Dolomiti e la strada nacque in tempo ormai lontano per collegare Colle di santa Lucia e Selva di Cadore con Cortina d’Ampezzo. Dal versante di Cortina la scalata è un po’ meno impegnativa.

Al Giro d’Italia è stato più volte Cima Coppi, vale a dire la vetta più alta del Giro. Lo si affronta – se le forze lo consentono – godendo di un paesaggio straordinario e davvero unico al mondo, con quelle rocce dolomitiche che al tramonto assumono un colore fascinoso e straordinario. Se le forze lo consentono, dicevo: al Giro d’Italia 1989 non mi guardai certo intorno. Ero cotto e in quella giornata freddissima, di cui racconterò scrivendo del Fedaia, facevo fatica a staccare gli occhi dalla strada: le condizioni erano davvero difficili. A parte il Giro d’Italia, però, il Giau è diventato anche un punto fisso della Maratona delle Dolomiti, che ho affrontato più volte e che vede al via migliaia e migliaia di appassionati. E se alla corsa rosa del 1989 avevo patito il freddo, in quei frangenti ricordo invece un caldo tremendo: una volta andai alla disperata ricerca d’una fontana, che infine trovai ai bordi della strada.

Ma sono salito su per queste strade anche quando già avevo smesso di correre, spesso in compagnia di amici. Con Manfred Möllg, per esempio, campione dello sci che va forte in bicicletta. E con Matteo Marzotto, imprenditore di successo e grande appassionato di ciclismo. E nel 2007, proprio dopo aver scalato il Giau, mi accadde un fatto un po’ imbarazzante, che mi mise in difficoltà ma che non posso esimermi dal raccontare.

Era giugno: dopo la salita e una lunga pedalata fino a Predazzo incontrai il danese Michael Rasmussen, che si stava allenando con accanimento nonostante si fosse messo a piovere forte. Ammirai la sua tenacia e durante il Tour di quell’anno, dove Michael stava dominando la scena in maglia gialla, ne parlai commentando la corsa in tv con Auro Bulbarelli. Ero assolutamente convinto di elogiarlo. In realtà, quando lo avevo visto, lui si stava allenando clandestinamente, se così si può dire: era sulle Dolomiti di nascosto, mentre avrebbe dovuto essere in Messico a preparare la Grande Boucle. Il tutto per sfuggire ai controlli antidoping: per eventuali test a sorpresa lo avrebbero cercato in America, e qui in Italia sapeva di non poter essere trovato. Senza volerlo lo avevo smascherato. E grazie alla mia testimonianza lo cacciarono dalla corsa. Mentre era in maglia gialla. E così, per prendermi un po’ in giro, gli amici dichiararono che in fondo quel Tour de France, il primo vinto fra gli applausi da Alberto Contador, l’avevo deciso io.



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